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MUNICH
(MUNICH)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 31 gennaio 2006
 
di Steven Spielberg, con Eric Bana, Ciaran Hinds, Daniel Craig, Hanns Zischler, Mathieu Kassovitz, Geoffrey Rush, Mathieu Amalric, Marie-Josée Crozes, Michel Lonsdale (Stati Uniti, 2005)
 

MUNICH fa parte dei film “seri” di Steven Spielberg. Quelli, come LA LISTA DI SCHINDLER, MINORITY REPORT o LA GUERRA DEI MONDI che si chinano, con indubbia generosità, con i rischi di esposizione piuttosto insoliti nel cinema d'autore, sui grandi temi dell'umanità, sugli interrogativi e le inquietudini del presente. In contrapposizione, a sua volta accattivante, a quando l'autore di E.T. o di INCONTRI RAVVICINATI si abbandona agli Eroi che rifiutano di rinunciare ai loro sogni fanciulleschi, abitati da dinosauri ed extraterrestri, prima di affidarsi a quelli promessi dalle nuove Frontiere dello zio Sam.


Questo spiega perché siano gli ultimi dei 164 minuti di un film spaccato in due come MUNICH ad essere finalmente interessanti. Non tanto la descrizione, impeccabilmente efficace, della tragica strage degli undici atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 72; e nemmeno la cronaca, accurata, ma romanzata e filmata alla Costa-Gavras secondo i canoni del thriller di spionaggio della caccia all'uomo degli undici responsabili con cui il Mossad di Golda Meir volle dar seguito alle rappresaglie dei bombardamenti in Siria ed in Libano. Un crescendo di vendette condotte per le capitali di mezza Europa, a cominciare dai quattordici colpi di rivoltella che giustiziarono a Roma Wael Zwaiter, lo scrittore amico di Moravia e Pasolini che tutti giurano ancora oggi essere completamente estraneo ai fatti. Tutto questo è filmato da un regista ovviamente altamente professionale, ma forse avviato su una china espressiva discendente: una progressione drammatica stirata, il ricorso programmato e didattico ai flashback dell'eccidio iniziale tanto perché lo spettatore non si abbandoni ad eventuali ripensamenti, l'ambientazione un po' cartapesta, l'interpretazione non sempre trascendentale, il grottesco montaggio del crescendo in parallelo del parossismo di Monaco nell'orgasmo del protagonista che fa l'amore con sua moglie ci ricordano ad ogni istante che le invenzioni dello Spielberg di MUNICH non saranno ricordate fra le sue più felici.


Fortunatamente, l'interesse del film risiede altrove, certamente più nella riflessione dei contenuti che nelle sollecitazioni della forma. Nella crisi, nei dubbi che progressivamente affiorano nella mente dei protagonisti, primo fra tutti di colui che è alla testa del commando (l'attore australiano Eric Bana): ma non sarà che sangue attira sangue, violenza fomenta violenza quando la vendetta assume il gusto del piatto da assumere sempre più gelido? Collegandosi così mirabilmente con l'attualità più urgente, MUNICH compie un piccolo miracolo. Quello di trasformare il grosso prodotto di consumo spettacolare in un'occasione di introspezione e comprensione: su quando alla reazione immediata nella coscienza di un individuo si sostituisce, fino a modificarla, fino a pervertirla, quella sempre più ambigua e inconseguente dettata dalla ragione che si fa terrorismo di stato.


   Il film in Internet (Google)

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